Supermarket … Termini …Coca … Nike …

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un futuro per i “monumenti moderni” …

P.S.:  Grandi Stazioni Spa è controllata al 60% da Ferrovie dello Stato e al 40% da Eurostazioni Spa di cui fanno parte:
32,71% Edizione Holding Spa (Gruppo Benetton)
32,71% Vianini Lavori Spa (Gruppo Caltagirone)
32,71% Pirelli & C. Spa (Gruppo Pirelli)
1,88% Sncf Partecipations S. A. (Societé Nationale des Chemins de Fer)
la sua “mission”, tra l’altro, intende:
soddisfare bisogni …
anticipare desideri …
far vivere esperienze a 360 gradi …
rendere i clienti protagonisti del nostro mondo …
restituire al pubblico patrimoni di estremo valore culturale …
creare nuovi poli di aggregazione …
reinventare il ruolo del passeggero attraverso la piacevolezza del tempo trascorso in stazione …

e i treni? …
per quelli, naturalmente … Mission Impossible

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8 risposte a Supermarket … Termini …Coca … Nike …

  1. Marco ha detto:

    ormai così sono ridotte le nostre città. La pubblicità prima di tutto. D’altronde è lei il motore del mercato.
    Devo però dire che la stazione è più bella ora rispetto al periodo elettorale, quando è stata violentata dal faccione del cavaliere in ogni singolo pezzo di muro libero.. assurdo!

  2. stefano salomoni ha detto:

    supermArcati ma salvi.

  3. maurizio s. conte ha detto:

    E’ vero! Quel tabellone che parzializza la vista del ritmo delle nervature, e tutta quella folla di immagini ingorde di comunicazione risultano presenze ingombranti ed alla fine mute per reciproca elisione.
    Ma la bellezza e la dinamica sobrietà della copertura possono reggere anche questo. Anzi, credo che sia un ottimo esempio per dimostrare che il progetto di architettura non deve e non può contendere il primato mediatico attraverso forme scultoree realizzate al computer (con la patente di artisticità), ma realizzare spazi nei quali sia possibile anche la performance, il cambio di funzione, la pubblicità, il gesto artistico transeunte. Sobrietà, ritmo, composizione, armonia, funzionalità, comodità, talvolta economicità, (Vitruvio?!) credo siano ancora elementi fondamentali per uno spazio architettonico, cui è possibile aggiungere contaminazione, innovazione, memoria, consapevoli del significato collettivo e del senso di responsabilità.
    Nonostante tutto ogni volta che giungo a Termini mi invanto di quella strordinaria pensilina!

  4. Michele Besan ha detto:

    Di cosa si “invanta”? “Transeunte”? Ma sulla rete esiste un “generatore di sinonimi inutili e dannosi” da poter utilizzare nelle migliori occasioni? mi invanterei di poter farne adopro!

  5. Giancarlo Bianchi ha detto:

    Caro Maurizio,
    lei come minimo è Ricercatore ICAR/14, stante il suo lessico pseudoellittico…
    Comunque le invidio la posizione raggiunta, beninteso!

  6. maurizio s. conte ha detto:

    Per Michele:
    si trattava di “incanto”, un errore dovuto alla banale velocità di battuta che non ho controllato. Perchè meravigliarsi se si utilizzano vocaboli che nella lingua italiana pur significano qualcosa?
    Per Giancarlo:
    mi permetterai di usare il tu, essendo peraltro della classe ’52 e quindi probabilmente più anziano di te; non sono diventato ricercatore circa 25 anni fa perchè non ero appoggiato da chi poteva farlo. Sono stato per 4 anni prof. a contratto ICAR/14, chiamato da chi mi stimava e riteneva utile il mio apporto didattico e la mia esperienza progettuale per la vita della Facoltà. Poi, l’anno scorso, avendo il mio amico e mentore perso la corsa alla presidenza (segnata da un clima e da situazioni incresciose), mi è stato chiesto di non presentare il mio robusto e vincente curriculum per non ostacolare altre scelte e per non spaccare il Consiglio di Facoltà. Ho aderito per stima, rispetto, amicizia e correttezza nei confronti del mio amico. Per adesso la mia vita universitaria si ferma qui.

    Queste precisazioni erano doverose a fronte di precise vostre notazioni che, forse sbaglierò, mi sembrano intrise di ironia e scetticismo inspiegabili.
    Scoprire questo blog è stata una occasione felice per potere discutere in rete di Architettura, cosa cui tengo molto e che sempre mi impegna nel lavoro e nei rapporti con i colleghi.
    Ecco, preferirei che si discutesse nel merito delle questioni che ho posto, e che qui vorrei provare a sintetizzare.
    Il progetto di A., per quanto mi riguarda, deve essere il risultato consapevole di una serie di questioni: domanda della committenza, risposta adeguata alle funzioni attese, conoscenza del luogo (storia, permanenze, memoria collettiva, costumi, tecniche, materiali, colori, ecc…), uso corretto di tecniche e tecnologia.
    tutto deve potersi sintetizzare in un progetto nel quale il personale vissuto sia mediato dal significato pubblico attraverso il senso di responsabilità che un architetto dovrebbe possedere. Il gesto narcisistico, pseudo artistico spesso, dovrebbe essere lasciato in coda. Il risultato dovrebbe aspirare ad una buona corretta architettura (sarebbe già una fortuna se tanti progetti fossero dotati di questa qualità). Se si è particolarmente dotati allora forse si potrà aspirare ad una poetica.
    L’A. deve aspirare a quei valori di cui parlavo nel precedente commento.
    Letto in questa chiave la pensilina di Nervi, che ritengo un’opera bellissima e funzionale assieme, può reggere anche le nefandezze pubblicitarie legate alla contingenza della contemporaneità (transeunte); queste passano mentre l’opera di Nervi continuerà a parlarci della sua modernità, che esiste in quanto ha in sè la memoria del luogo. Ogni progetto, d’altronde, dovrebbe esprimere la conoscenza selettiva del luogo innervando nuove relazioni urbane, offrendosi in tal modo alla possibilità della modernità. Stiamo dimenticando tutto ciò (anche e soprattutto nelle scuole di A.) in nome della contemporaneità, della meraviglia mediatica, della autoreferenzialità, specchio anodino del disastro della nostra cultura occidentale e quindi della nostra società.

  7. Giancarlo Bianchi ha detto:

    Salve Maurizio, sono d’accordo con le sue ultime frasi, e spero che la mia ironia non l’abbia troppo infastidita. Amo scherzare su alcune questioni e manie di noi “accademici”, non se ne abbia.

  8. maurizio s. conte ha detto:

    Mi fa piacere, Giancarlo, che lei sia d’accordo sulle idee.(uso il lei per educazione e le chiedo scusa per il tu più cnfidenziale). Sono convinto che dovremmo trovare luoghi e modalità per esprimerle, anche gridarle, a fronte del disastro della frantumazione e iperspecializzazione dei saperi che non ci fa più riconoscere la realtà e la vita stessa nella loro semplice difficile unitarietà.
    Relativamente all’ironia, mi creda non mi sono infastidito, soltanto dispiaciuto per una lettura forse appena frettolosa delle mie affermazioni.
    Le scuole di Architettura dovrebbero essere una cosa molto seria ed importante, i luoghi dove si forma una intelligentija di progettisti che sappia fare i conti con il passato, la tradizione , la memoria, forgiare un linguaggio mediante conoscenza, cultura, tecnica e tecnologie, per provare ad innovare la storia della città italiana.
    Non riesco a scherzare (lo so, rischio di essere serioso) di fronte allo sfascio provinciale-nepotistico-familistico-lobbistico-mafioso di parte rilevante dell’Università, che se ne frega della qualità e delle competenze per potere, soldi e….altro. Come potrà mai la nostra cultura, la società stessa risollevarsi dal baratro in cui è caduta?

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